Si é spento, all’età di 92, il maesto elementare Mario Lodi.

Per ricordare il grande Maestro:

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Tullio De Mauro ricorda Mario Lodi: “Addio al maestro che giocava”

A 92 anni si è spento uno dei grandi innovatori di metodi scolastici. Nei suoi libri ha sempre parlato solo di quel che faceva con i suoi alunni. Costretto, rivelava le sue fonti: Piaget, Freinet, Vygotskij, Ciari, Rodari. Ma la sua vera ispirazione era la Costituzione

“Il  bambino impara giocando da quando nasce”, scriveva Mario Lodi, il maestro elementare, che ieri si è spento a 92 anni. “I suoi strumenti sono i sensi e la mente”, proseguiva introducendo, con molta semplicità, in una rivista per insegnanti, un bell’articolo di Luciana Bertinato sull’apprendimento di concetti scientifici nella scuola elementare. “Con i primi raccoglie i dati della realtà: i rumori, le forme, il tepore del seno materno, il sapore del latte, gli odori della casa, i colori, le voci. Con la mente confronta, riflette, ricorda. Conserva le sensazioni in ripostigli segreti dove possono restare per tutta la vita. Il suo metodo è corretto perché raccoglie dati, li confronta, li seleziona, formula ipotesi, le verifica, ricava sintesi. Restituiamo ai bambini la possibilità e il piacere di scoprire  –  giocando  –  concetti scientifici e abilità tecniche che li aiutino ad ampliare la loro cultura”.

La sua meta è indubbia: aiutare i bambini e le bambine a conquistare i concetti più astratti e potenti. La via però non è quella, ancora non scomparsa, di un insegnamento fondato sulla memorizzazione e ripetizione di formule. Una via migliore è passare ad apprendimenti attraverso il gioco, attraverso le “sensate esperienze” (diceva Galilei) e le conseguenti riflessioni  cui i giochi danno luogo, anche grazie a chi insegna. A chi sa sostituire il ripetere con una ricerca sempre nuova. E questo dovrebbe valere ben oltre la prima scuola.
Ho  incontrato la prima volta Mario Lodi nel 1967 a Urbino e nel 1968 a Pordenone per i seminari estivi del Movimento di Cooperazione Educativa. Ma come un babbeo non me n’ero accorto. Devo a Giorgio Pecorini il primo incontro consapevole con Lodi e con l’editore Luciano Manzuoli. Nel 1970 Pecorini curava una serie di trasmissioni televisive intitolate “Processo a…”. E come imputato scelse una volta i libri di testo. Si scatenarono discussioni infuocate.

Eravamo seduti in un emiciclo a gradinate. In alto, quasi in disparte, se ne stava Lodi. Non partecipava al trambusto e tuttavia seguiva con attenzione. Parlò poco, molto tranquillo. Non propose tesi. Senza enfasi raccontò che cosa faceva, come partiva con le sue allieve e i suoi allievi da ricerche in tante direzioni, coinvolgendo nella vita della classe di volta in volta altri che avessero più esperienze e conoscenze e costruendo con loro e con gli alunni i materiali scritti, i testi da ricordare e rimeditare. Non disse che quella fosse la via unica e più giusta, disse che a Vho di Piadena seguivano quella via, che era una via possibile e che a percorrerla si arricchivano di esperienze vive e di conoscenze vissute sia il  maestro sia gli alunni.
Una grande forza di Lodi è stata anche saper raccontare. Raccontare le cose concrete, precise, puntuali che ha fatto con le alunne e gli alunni nelle sue classi, dalla prima alla quinta, tante volte negli anni. Ci mostra una via. È questa la enorme forza dei suoi diari didattici e dei giornalini dei suoi alunni, dal Paese sbagliato a Il mondo. Ed è stata la forza dei libretti della “Biblioteca di lavoro” che ha pubblicato con Luciano Manzuoli, uno di quei gloriosi fallimenti che costellano la storia dei testi per la nostra scuola.

Talvolta qualcuno è riuscito a costringerlo a dichiararsi, a mettere in tavola le  carte del suo pensiero, dei principi cui si ispira nella sua pratica. Sono nati così due libri anch’essi preziosi: per Einaudi, Cominciare dal bambino (1977), e, per i Libri di base degli Editori Riuniti, Guida al mestiere di maestro (1982). Ma anche in questi Lodi affida il meglio delle sue idee a presentare casi concreti e procedimenti didattici. Anche se si costringe a rivelare tante sue fonti, Bruno Ciari, Santoni Rugiu, Piaget, Bruner, Vygotskij, Rodari, Freinet, le fonti maggiori restano da un lato un’acuta, attenta rilettura della nostra Costituzione e dall’altra l’osservazione e rendicontazione delle sue esperienze didattiche.

Da queste Lodi non ha mai voluto staccarsi. Dall’università, che pure gli ha dato qualche riconoscimento,  non  è mai stato tentato. Ha preferito, come quel personaggio della favola antica che era invincibile finché poggiava i piedi sul suolo, restare con i piedi sulla terra di Piadena. Quando è andato in pensione ha investito i suoi risparmi e un premio per trasformare una cascina in un grande, luminoso laboratorio didattico. Là l’ho visto l’ultima volta e là anzitutto il suo lavoro continua.

 Tullio De Mauro

 


 

►Lettera di Mario Lodi agli insegnanti in occasione dell’inizio dell’anno scolastico 2010 – 2011

 21 settembre 2010

“Care maestre e cari maestri,

mi è capitato spesso, in questo periodo, di ricevere lettere o telefonate da qualcuno di voi. La domanda che mi viene rivolta con maggiore insistenza è: “Come facciamo a insegnare, in tempi come questi?”. I sottintesi alla domanda sono molti: il ritorno del “maestro unico”; classi sempre più affollate; bambini e bambine che provengono da altre culture e lingue e non sanno l’italiano etc.

Anch’io, come voi, soprattutto nei primi anni della mia attività di maestro, mi ponevo interrogativi analoghi. Ho cominciato ad insegnare subito dopo la guerra. Le classi erano molto numerose. Capitava anche di avere bambini e bambine di età diverse.

Forse qualcuno di voi ha la brutta sensazione di lavorare come dopo un conflitto: in mezzo a macerie morali e culturali, a volte causate dal potente di turno – ce n’erano anche quando insegnavo io – che pensa di sistemare tutto con qualche provvedimento d’imperio. I vecchi contadini delle mie parti dicevano sempre che i potenti sono come la pioggia: se puoi, da essa, cerchi riparo; se no, te la prendi e cerchi di non ammalarti e, magari, di fare in modo che si trasformi in refrigerio e nutrimento per i tuoi fiori.

Il mio augurio per il nuovo anno scolastico è questo: non sentitevi mai da sole e da soli! Prima di tutto ci sono i bambini e le bambine, che devono essere nonostante tutto al centro del vostro lavoro e che, vedrete, non finiranno mai di sorprendervi. Poi ci sono altre e altri che, come voi, si stanno chiedendo in giro per l’Italia quale sia ancora il senso di questo bellissimo mestiere. Capitò così anche a me, anche a noi. Cercammo colleghe e colleghi che si ponessero le nostre stesse domande e fu così che incontrammo Giuseppe Tamagnini, Giovanna Legatti, Bruno Ciari e altre e altri con i quali costruimmo il Movimento di Cooperazione Educativa. Poi ci sono anche i genitori e le zie e i nonni dei vostri alunni e delle vostre alunne, che possono darvi una mano, se saprete, anche insieme a loro, rendere la scuola un luogo accogliente e bello, in cui ciascuno abbia il piacere e la felicità di entrare e restare assieme ad altri.

Non dimenticate che davanti al maestro e alla maestra passa sempre il futuro. Non solo quello della scuola, ma quello di un intero Paese: che ha alla sua base un testo fondamentale e ricchissimo, la Costituzione, che può essere il vostro primo strumento di lavoro.

Siate orgogliosi dell’importanza del vostro mestiere e pretendete che esso venga riconosciuto per quel moltissimo che vale.

Un abbraccio grande”.


►Ed ancora le parole di Mario Lodi dal Saluto al Convegno “Educare è difficile”, Legambiente    – MCE Perugia marzo 2003